Andrea Verrocchio (Firenze 1435 - Venezia 1488)



Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni
Bronzo
Venezia, Campo Santi Giovanni e Paolo

Il Monumento equestre fu commissionato dalla Repubblica Veneziana ad Andrea Verrocchio nel 1480. Raffigura in condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni, per diverso tempo al servizio della Serenissima e morto quattro anni prima. Lo scultore fiorentino realizzò da prima il modello in cera che venne spedito a Venezia l'anno successivo. Cinque anni dopo l'artista si trasferì a Venezia per realizzare la fusione in bronzo con la tecnica della cera persa. L'artista morì però nel 1488 lasciando il lavoro incompiuto. Nel suo testamento pregava la repubblica di affidarne il completamento al suo allievo, nonché esecutore testamentario, Lorenzo di Credi. Gli venne preferito invece l'artista locale Alessandro Leopardi che portò a compimento la fusione in bronzo nonostante le difficoltà dovute alla notevole dimensione del gruppo equestre che misura 395 cm di altezza. Questo spiega anche l'orgogliosa firma collocata da Leopardi sotto il ventre del cavallo in cui si legge ALEXANDER LEOPARDUS V. F. OPUS (dove la F. starebbe per fudit cioè fusione). L'opera venne collocata sull'alto basamento nel 1495 e scoperta l'anno successivo con grande curiosità di pubblico che accorse a vederla, come ricorda il cronachista contemporaneo Marin Sanudo. L'opera si differenzia dall'illustre precedete di Donatello di qualche decennio prima per lo svolgimento in senso più naturalistico, in accordo con tale spiccata sensibilità che caratterizza l'opera scultorea del maestro di Leonardo. La maggiore dinamicità nella posa del cavallo, che poggia su tre zampe senza sostegni aggiuntivi come nel caso della sfera del Gattamelata di Donatello, e soprattutto del cavaliere, che presenta una rotazione in senso opposto del busto e della testa, va spiegata proprio nel tentativo di dare una maggiore connotazione naturalistica osservabile anche in taluni dettagli come i piedi ben piantati sulle staffe della cavalcatura. Abile è anche il gioco di luci che l'artista fiorentino sapeva cerare, conferendo alla sua scultura un carattere quasi pittorico, come si osserva ad esempio nell'ombra proiettata dal cimiero sul volto corrucciato del Colleoni.